martedì 8 gennaio 2013

L'inefficienza della giustizia civile

08.01.2013



Il deprimente spettacolo delle condizioni cui è ridotta la Giustizia Civile è sotto gli occhi di tutti.
Gli uffici giudiziari di tutto il paese sono ormai al collasso, senza mezzi (carta, faldoni, fotocopiatrici, computer) e privi di personale amministrativo (intere sezioni dei più grandi tribunali sono gestite da un solo cancelliere con poteri di certificazione).
Gli uffici giudiziari sono organizzati secondo criteri spesso non corrispondenti ad un protocollo uniforme valido per tutto il territorio nazionale, tanto da costringere gli utenti a districarsi tra un'infinità di "prassi" non pubblicate.
Sono pochi i magistrati che svolgono effettivamente le loro funzioni (molti sono, invece, i magistrati distaccati nei vari ministeri o in altri uffici), e l'enorme carico di lavoro pro-capite, unitamente alla disorganizzazione degli uffici giudiziari di appartenenza, rendono loro impossibile l'adeguato studio dei fascicoli.
Il disbrigo delle pratiche da parte di Cancellieri e Magistrati richiede tempi lunghissimi, ormai quasi sempre inadeguati rispetto alle esigenze di celerità che la tutela di determinati diritti richiede.
La normativa processuale consente ai magistrati di procrastinare quasi senza limite il momento in cui deve essere presa una decisione, con rinvii di anni;
La lunghezza dei processi, unitamente alla scarsa conoscenza dei fascicoli da parte dei magistrati, determina il fenomeno, sempre più frequente, dell'emanazione di sentenze incoerenti o tardive, del tutto inutili alle parti che le hanno attese per anni.
L'esecuzione delle sentenze è talmente costosa, lenta e farraginosa da essere spesso considerata antieconomica dalla parte vittoriosa di un processo.
Altri avvocati potrebbero aggiungere a quest'elenco mille ulteriori problemi che affliggono la Giustizia Civile italiana, ormai ridotta alla quasi totale inefficienza.
La situazione catastrofica sin qui descritta non si è generata improvvisamente.
Sono decenni che gli avvocati ed i magistrati più accorti cercano di interessare del problema i media e le forze politiche, senza essere ascoltati.
Da molto tempo gli economisti riconoscono nell'inaffidabilità del sistema giudiziario italiano, e nella cronica inettitudine di chi lo amministra, le cause principali dei mancati investimenti di capitali stranieri nel nostro paese.
Dal 2008, anno che rappresenta la genesi dell'attuale crisi economica mondiale, si sente spesso parlare, cifre alla mano, degli enormi costi economici e sociali causati dall'inefficienza del sistema giustizia.
Oggi si comincia a riflettere (molto poco, per la verità) sull'impatto sociale ed economico determinato dai numerosi fallimenti "ad effetto domino" delle imprese che non riescono più a tutelare i propri crediti.
Tutto questo sarebbe sufficiente a giustificare un'urgente opera di riforma, supportata con vigore da tutte le forze politiche.
A ben vedere, una riforma, nel settore della Giustizia Civile, sarebbe immediatamente attuabile, e garantirebbe la produzione di benefici effetti, sociali ed economici, in tempi brevi.
Secondo gli "addetti ai lavori", inoltre, una buona riforma si potrebbe attuare con una produzione normativa non complessa: basterebbe la modifica di qualche decina di articoli del codice di procedura civile per ridare vita al morente sistema della giustizia.
Bene! A quanto pare, c'è una soluzione ed è a portata di mano.
La stessa soluzione era disponibile dieci-quindici anni fa, ma, fino ad oggi, nessuno l'ha presa in considerazione.
Negli ultimi quindici anni si sono avvicendati alla guida dell'Italia governi e maggioranze politiche di ogni colore ed apparente convinzione. Nessuno ha mai mosso un dito per affrontare il problema di cui stiamo parlando.
Si riscontra, quindi, un'imbarazzante silenzio legislativo, fin troppo rumoroso in un paese come l'Italia, universalmente nota per il fenomeno dell'ipertrofia normativa. Un'inerzia interrotta, di tanto in tanto, da pseudo riforme demenziali.
Ad ogni modo, fatta eccezione per alcune operazioni di "innesti" normativi che hanno prodotto il solo effetto di far spostare inutilmente fascicoli e cancellieri da un ufficio all'altro (ricorderanno ridendo, i miei colleghi, il tanto sbandierato rito societario...), nulla si è fatto e nulla stanno facendo, da oltre un anno, i Professori incaricati di salvare il nostro bel paese dal cataclisma economico-finanziario. 
Per cercare di capire le ragioni di questo disinteressamento della politica ai problemi della giustizia civile bisogna domandarsi se c'è qualcuno che trae vantaggio da questa situazione; qualcuno che, nello svolgimento della propria attività economica, non ha alcun interesse alla tutela del proprio credito ed invece, al contempo, è fortemente interessato alla privazione di tutela del credito altrui.
Esistono attività economiche ed imprenditoriali che, per il tipo di beni e servizi prodotti, generano crediti suscettibili di essere immediatamente soddisfatti e debiti che si ha tutto l'interesse a far rimanere insoluti.
Faccio un esempio: quando un'impresa di costruzioni realizza un edificio residenziale, produce beni (gli appartamenti) che le vengono pagati immediatamente, attraverso operazioni bancarie di finanziamento cui ricorrono i compratori. Per la realizzazione dell'appartamento, però, l'impresa di costruzioni deve sopportare dei costi, rappresentati dai salari dei propri dipendenti, dai debiti con l'erario e con le altre amministrazioni pubbliche, dai debiti verso i fornitori e verso gli appaltatori delle varie opere. Se l'impresa di costruzione in esempio potesse fare a meno, in tutto o in parte, di subire i costi di produzione dell'appartamento senza subire conseguenze spiacevoli, otterrebbe un notevole vantaggio che non perdo tempo a descrivere.
Le imprese di costruzioni e molte imprese che operano nel campo della grande industria beneficiano in maniera plateale dei limiti della nostra povera Giustizia Civile, con buona pace dei diritti di credito dei loro dipendenti e delle altre imprese che forniscono loro apporti utili alla realizzazione dei beni da immettere sul mercato.
Non è forse un caso più unico che raro il fatto che queste imprese costituiscano l'ossatura del sistema produttivo italiano? Non sembra incredibile la coincidenza che la quasi totalità di queste grandi imprese sia legata ai partiti attraverso reti di finanziamento più o meno note? Non desta meraviglia il fatto che il nostro bel territorio sia stato massacrato dalla realizzazione di milioni di metri cubi di costruzioni di ogni tipo?
Sarò anche un complottista da quattro soldi, ma a me queste coincidenze e questi casi fanno riflettere.
Io credo che l'inefficienza della giustizia italiana sia fortemente voluta e difesa dalla politica, in maniera trasversale, allo scopo di mantenere vitale un sistema produttivo che, senza l'effetto benefico di aiuti "speciali", sarebbe asfittico.
Il problema di oggi è che la proliferazione di insoluti ha fatto fermare il precario "effetto volano" di questo sistema un po' rozzo, che è stato ideato senza considerare che la Giustizia Civile è al servizio di tutti gli attori della nostra economia, siano essi imprese o persone.
La negazione della tutela dei diritti comporta il fallimento di molte imprese, la volatilizzazione di molti posti di lavoro, la perdita di salari e, quindi, l'abbattimento progressivo dei consumi, sino ad arrivare alla riduzione della domanda relativa a quel particolare bene che, nella nostra economia, costituisce la pietra angolare di tutto il sistema: la casa.
Ora che non si comprano più case, automobili, beni di consumo, le grosse imprese soffrono il peso della stagnazione economica ed usano con più violenza il potere di non onorare i propri debiti, causando ulteriori squilibri socio economici.
Il sistema si sta avvitando su se stesso, perché è venuta meno la funzione equilibratrice della Giustizia, che attraverso la tutela del credito dovrebbe  garantire la produzione di un utile reddito a tutti coloro che lavorano.
Non dobbiamo, quindi, farci ingannare da presentatori televisivi che descrivono ai cittadini la Giustizia come se fosse la fabbrica di soldi privata di avvocati ricchi, grassi e smargiassi. Dobbiamo, invece, pretendere ed ottenere una Giustizia efficiente e liberamente accessibile a tutti.
La Giustizia è difesa del lavoro, della dignità umana e della democrazia, e per questo deve essere considerata il punto di partenza della ricostruzione del Paese.